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Storia di Norma

  • Settembre 28, 2021

Storia di Norma

Norma Cossetto nasce il 17 maggio 1920 a Santa Domenica di Visinada (oggi Labinci in Croazia) in Istria. Figlia di Giuseppe e Margherita Cossetto, aveva una sorella più piccola, Licia. Il padre era un proprietario terriero, ma ricoprì anche il ruolo di podestà di Visinada, di segretario politico del Fascio locale e commissario governativo delle Casse Rurali. Un uomo conosciuto e con le idee politiche molto chiare tanto da partecipare alla Marcia su Roma. Era molto amato dai suoi dipendenti e dai coloni, italiani o slavi che fossero. Fino alle elementari Norma studia a Santa Domenica per poi trasferirsi a Gorizia fino al conseguimento della maturità classica. Partecipa a tutte le manifestazioni patriottiche e fa parte delle associazioni studentesche (e continuerà a farlo all’università iscrivendosi alla sezione femminile di Pola del GUF). Nel 1939 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Padova, dove vive come studentessa fuorisede. È riconosciuta da tutti come ragazza sportiva, allegra e molto portata per le lingue (parla francese e tedesco), suona il pianoforte, gioca a basket e tira con l’arco. L’attaccamento all’Istria la porta a ottenere una tesi dal titolo “L’Istria rossa” – che prende il nome dal caratteristico colore rossastro che la bauxite dà alla terra istriana – che la porta a girare in bicicletta, da sola, per i paesini e le strade dell’Istria durante la guerra. Da subito afferma di voler diventare insegnante sia per l’amore per le giovani generazioni sia per, tramite il lavoro, avere la propria indipendenza, sia per poter portare il proprio contributo, aiutando a formare uomini e donne migliori, al benessere della propria comunità e alla crescita dell’Italia. Proprio per questo si propone e ottiene una supplenza al liceo Carli di Pisino e poi al magistrale di Parenzo. Ne ottiene altre, brevi, a Spalato e Albona. L’estate del 1943 cambia tutto per l’Italia e per l’Istria. Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio, l’8 settembre viene annunciato l’armistizio con le potenze Alleate. L’esercito italiano si sfalda e il controllo del territorio viene meno. In questa situazione la resistenza al fascismo e al nazismo, molto accanita in Jugoslavia, si espande in Istria. Ma non solo in funzione antifascista. I gruppi partigiani vengono egemonizzati dalla componente slavo comunista, guidata dal Maresciallo Tito, anche se gli italiani sono comunque molti. L’intento è quello di vendicarsi dei torti, veri o presunti, subiti durante il fascismo e allontanare la componente italiana dall’Istria. Fra l’8 settembre e il 9 ottobre 1943 le violenze partigiane si esprimono principalmente contro podestà, carabinieri, simboli del caduto regime. Ma non solo. Vittime della violenza sono anche i preti, gli insegnanti, i dipendenti comunali, le donne. La violenza non risparmia nessuno e si spiega – ma come tutti i crimini non può essere giustificata in alcun modo – con l’antifascismo, con il sogno di conquista comunista, con le vendette politiche e personali, con la criminalità comune finalmente libera di agire. Giuseppe Cossetto diviene uno dei principali obiettivi. I partigiani lo cercano a Santa Domenica di Visinada e non trovandolo, perché a Trieste, si accaniscono contro la sua famiglia. Arrestano per primi Giovanni ed Emanuele – i suoi fratelli – e poi, il 25 settembre, entrano in casa dei Cossetto e razziano tutto quello che trovano. Il giorno seguente i partigiani portano Norma nella caserma di Visignano. Chiedono notizie del padre e poi le propongono di entrare nel Movimento Popolare di Liberazione ma Norma rifiuta in maniera molto netta. Tornata a casa, il giorno dopo viene nuovamente condotta al comando partigiano. Nonostante i tentativi della sorella Licia di liberarla, Norma e gli altri prigionieri vengono trasferiti da Parenzo alla scuola di Antignana. Là comincia l’inferno per le donne e per Norma. Vengono tutte violentate e in particolare Norma, tenuta da parte e legata a un tavolo, viene seviziata e violentata ripetutamente da un gruppo di aguzzini (il numero di questi è incerto ma la cifra solitamente accettata è 17). La notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943 viene gettata viva nella foiba di Villa Surani. Il padre, accorso da Trieste per cercarla, cade in un’imboscata insieme al cognato e viene ucciso da un partigiano a cui aveva salvato la vita pochi mesi prima. Anche il corpo del padre viene infoibato. Con il ritorno dei tedeschi molti aguzzini di Norma vennero catturati e fucilati.

«Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto:

“Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch’io”».

Così ricorda la sorella Licia. Nel dopoguerra, l’8 maggio 1949, il rettore dell’Università di Padova, Aldo Ferrabino, conferisce la laurea ad honorem a Norma Cossetto: “Caduta per la difesa della libertà”.

Il 9 dicembre 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi concede alla giovane istriana la Medaglia d’Oro al Merito Civile con questa motivazione: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai piartigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in un foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio»

Il 10 febbraio 2011 l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova, nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, scoprono nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’ una targa commemorativa.

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