“Signor Presidente della Repubblica, signor Presidente del Senato, signori rappresentanti del Governo, Autorità, signore e signori, cari ragazzi.
Permettetemi innanzitutto di ringraziare tutti i relatori che con i loro interventi hanno espresso compiutamente le ragioni ideali e morali che rendono viva e attuale questa “Giornata del ricordo”.
Un ringraziamento particolare voglio rivolgere al Presidente Antonio Ballarin e, tramite lui, a tutte le Associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.
L’Italia vi deve molto perché con il vostro instancabile impegno avete impedito che venisse cancellata definitivamente la memoria dell’orrore del quale rimasero vittime migliaia di uomini, donne e bambini.
Perché un Paese che nasconde la verità non può mai essere un Paese libero e democratico. Ringrazio voi, ragazze e ragazzi, per aver partecipato attivamente al concorso bandito meritoriamente anche quest’anno dal Ministero dell’Istruzione e gli insegnanti che hanno coordinato le vostre attività.
Sono certa che indagare su questa pagina così drammatica della storia del nostro Paese e del popolo italiano abbia rafforzato in voi la convinzione che occorra costruire un futuro in cui non ci sia il minimo spazio per la violenza, per l’odio e la sopraffazione.
Quando nel marzo del 2004 prima la Camera e poi il Senato approvarono a larghissima maggioranza la legge 92 che istituiva la “giornata del ricordo”, il Parlamento realizzava uno dei suoi atti più elevati e significativi , colmando, finalmente, un debito di riconoscenza verso la memoria delle migliaia di italiani che rimasero vittime di una violenza cieca e brutale.
L’articolo uno della legge definisce in modo chiaro quali sono i suoi intenti : “La Repubblica riconosce il 10 Febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale “.
Il Novecento non è stato soltanto lutti e tragedie. E’ stato anche il secolo in cui tanti popoli si sono liberati dal colonialismo, in cui si sono affermati e diffusi diritti sociali e civili, in cui hanno fatto irruzione in tutto il mondo da protagonisti i movimenti delle donne e giovanili.
Ma hanno pesato come un macigno sulla vita di milioni di persone le due guerre mondiali, la ferocia delle dittature, le contrapposizioni ideologiche della guerra fredda. A pagare per tutto questo, insieme a milioni di esseri umani, ci sono stati anche i principi di verità e di giustizia.
Sulle foibe, in particolare, è calato un muro di silenzio . Si è voluto nascondere e si è preferito non parlare. Perché questa scelta?
Lo ha spiegato bene l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che tanto si è impegnato nel dare valore alle celebrazioni del 10 febbraio, nel suo discorso del 2007 che Lucia Bellaspiga ha poco fa ricordato.
Disse allora Giorgio Napolitano che dobbiamo assumerci la responsabilità di ” aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”.
Pregiudiziali ideologiche insieme a calcoli diplomatici. Ecco che cosa ha impedito che si parlasse delle foibe e dell’esodo cui furono costrette tante famiglie di italiani, in quella che è stata definita una vera e propria “pulizia etnica” – una definizione che è un altro macigno – perpetrata dalle autorità Jugoslave.
Non mancano certo le testimonianze, e ne abbiamo ascoltate anche oggi, in grado di raccontare quanto fu poi difficile per gli esuli inserirsi con dignità e sicurezza nel nostro Paese. Il loro arrivo è stato circondato per anni da una coltre di diffidenza e perfino di fastidio. Ma hanno resistito, con impegno e con tenacia, contribuendo alla crescita del nostro, del loro Paese.
Si, care amiche e cari amici, anche le vostre mani hanno fatto l’Italia, anche il vostro ingegno ha fatto del nostro Paese una importante realtà produttiva e culturale. Pure per questo le istituzioni della Repubblica vi sono grate.
Molti anni dopo gli eventi che oggi stiamo ricordando, nel 1992, i territori della ex Jugoslavia furono insanguinati da un altro terribile conflitto. La guerra dei Balcani causò circa duecentomila morti e oltre due milioni di persone – tra sfollati e rifugiati – dovettero lasciare le loro case. Un’emergenza umanitaria di enormi proporzioni in cui, in diverse circostanze, io stessa mi sono trovata ad operare. Vent’anni fa, nel Novembre del 1995, venivano firmati gli accordi di Dayton e quella guerra ebbe fine. Ma le sue conseguenze si fanno sentire ancora oggi, tanto continua ad essere difficile il ritorno di migliaia di persone nelle loro abitazioni e nelle loro terre.
Anche ricordando questi avvenimenti vorrei rivolgermi a voi, care ragazze e cari ragazzi. Dobbiamo imparare a trarre degli insegnamenti da ogni evento della storia, anche dai più terribili.
Che cosa ci insegna, allora, la tragedia delle foibe ?
Ci insegna innanzitutto, a mio avviso, che le dittature hanno dentro di sé il germe avvelenato della violenza e della sopraffazione. E questo vale, nel caso degli eventi che stiamo ricordando oggi, sia per la dittatura fascista che per la dittatura comunista jugoslava. La libertà e la democrazia sono dunque un bene prezioso che non è dato per scontato una volta per tutte, ma va difeso e rinnovato ogni giorno.
Ci insegna che le prime e le più numerose vittime delle guerre sono le popolazioni civili, sono persone innocenti e non belligeranti.
Anche per questo, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel bel discorso di insediamento, ” Garantire la Costituzione significa ripudiare la guerra e promuovere la pace”.
Ci insegna che chi fugge da guerre, dittature e persecuzioni va accolto sempre, ieri come oggi, con spirito di solidarietà e di inclusione, nel rispetto del diritto internazionale.
Ci insegna infine che quell’Europa, nel cui cuore hanno vissuto le più feroci dittature e i conflitti più sanguinosi, è oggi un grande spazio comune e una grande opportunità di pace.
L’Unione Europea, che ha l’Italia tra i paesi fondatori, oggi annovera tra i suoi membri anche la Slovenia e la Croazia. Questo vuol dire che i giovani italiani,sloveni e croati possono oggi condividere la stessa identità europea e i suoi valori di libertà e di democrazia.
Quando il 12 ottobre del 2012 fu assegnato il Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, qualcuno commentò con una certa perplessità, con scetticismo, quella decisione.
E invece io penso che sia stato un giusto riconoscimento perché proprio grazie al processo di integrazione europea sono stati assicurati decenni di pace laddove per secoli hanno imperato conflitti e devastazioni. Ecco perché l’Europa rappresenta soprattutto per voi giovani, un grande risultato e una grande speranza.
Il 10 Febbraio è dunque una giornata di ricordo. Ma è soprattutto un monito, per il presente e per il futuro.
Un monito contro l’intolleranza, contro tutte le guerre, contro le dittature e contro ogni tentativo di nascondere la verità”.