Articolo pubblicato su Il Giornale d’Italia
Due novità editoriali, in lingua inglese, per far conoscere la storia del confine orientale italiano
L’irredentismo e le iniziative dei volontari garibaldini per il perfezionamento dell’unità nazionale dopo le Guerre d’indipendenza, il sacrificio di Oberdan, il socialismo patriottico di Mazzini: questi e tanti altri ideali rimasero impressi nelle giovani generazioni dell’Italia da poco unificata e godettero di vasto consenso anche nel resto del mondo. Oggi affrontare questi temi, decisivi per le sorti delle terre dell’Adriatico orientale tra fine Ottocento ed inizio Novecento, è diventato un argomento di nicchia che in Italia può godere di visibilità nel contesto della Giornata del Ricordo, fra coloro i quali analizzano le vicende delle Foibe e dell’Esodo andando a ritroso nel tempo fino alle origini della contrapposizione italo-slava fomentata dalle autorità austro-ungariche. In ambito internazionale, invece, la causa patriottica italiana non gode più di grande interesse né vanta giornalisti e ricercatori che informino appassionatamente i propri lettori sulle questioni dell’italianità adriatica.
Grande patrocinatore dell’Unità d’Italia, il Regno Unito britannico ospitò l’esilio di Mazzini, accolse trionfalmente Garibaldi ed ancor prima fu attraversato dai comizi a favore della causa italiana di Jessie White Mario; l’Apostolo dell’Unità d’Italia tradusse anche una lettera di Abramo Lincoln allo scienziato e patriota Macedonio Melloni in cui il futuro inquilino della Casa Bianca riconosceva le rivendicazioni italiane sull’Adriatico e la Dalmazia in particolare (oggi è ritenuta apocrifa, ma venne presentata dalla diplomazia italiana come documento a suo favore durante la Conferenza di Pace del 1946). Tanto ardore nel mondo anglosassone andò stemperandosi in seguito alla svolta triplicista italiana, anche se Roma aveva espresso chiaramente a Berlino e a Vienna di non avere alcuna intenzione di entrare in guerra con Londra, di cui temeva le incursioni della poderosa flotta sullo smisurato litorale della penisola. L’opera dei pubblicisti Henry Wickham Steed e Robert William Seton-Watson portò anzi la diplomazia e l’opinione pubblica britannica su posizioni marcatamente slavofile al termine della Grande guerra, sicché il nascente Regno dei Serbi, Croati e Sloveni avrebbe goduto di influenti appoggi da oltre Manica.
Le pubblicazioni e le iniziative culturali delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati stanno diffondendo in maniera più capillare possibile la storia del confine orientale in tutta Italia, ma sul versante estero solamente adesso sono state pubblicate due opere in lingua inglese che potranno fornire un punto di vista italiano, ma rigorosamente scientifico, ad un più vasto pubblico di ricercatori e lettori.
Segnaliamo innanzitutto “Italy and Its eastern border 1866-2016” di Marina Cattaruzza (Taylor & Francis, 2016), traduzione ampliata de “L’Italia e il confine orientale 1866-2006” (Il Mulino, Bologna 2006), un’opera che ha contribuito a delineare il percorso dell’italianità adriatica e le politiche italiane nei confronti di una frontiera di difficile definizione. L’avvicendarsi dei governi a Roma e degli Stati confinanti a est scandiscono una vicenda presentata oggettivamente ed in maniera documentata, sino a giungere all’introduzione della ricorrenza del 10 Febbraio ed ai recenti incontri fra Capi di Stato a Trieste e a Pola.
Fresco di stampa risulta, invece, il volume a cura dell’Associazione Coordinamento Adriatico “The Adriatic Territory. Historical overview, landscape geography, economic, legal and artistic aspects” di Giuseppe de Vergottini, Valeria Piergigli e Ivan Russo (Peter Lang, Berna 2017), ampia ed articolata opera collettanea che presenta svariate sfaccettature della storia e della cultura italiana nelle terre adriatiche orientali. Figurano anche i contributi di collaboratori del Comitato 10 Febbraio: l’Architetto Emanuele Bugli (C10F Verona) con il saggio “Evolutions of the functions and port structures in the territory of Istria and Dalmazia, the development of ports and urban centers of the Adriatic Sea” ed il Professor Davide Rossi (Comitato Scientifico) con “The question of Trieste and the vote of June 2, 1946: also a constitutional problem”.
Ricordiamo, infine, che la pellicola “Rosso Istria”, di imminente uscita e dedicata alla tragedia delle Foibe con particolare riferimento al martirio di Norma Cossetto, godrà anche di una versione doppiata in inglese e vanterà un cast in grado di attirare l’attenzione del pubblico pure oltreoceano (Franco Nero e Geraldine Chaplin).
Si tratta di iniziative che fanno ben sperare per il recupero anche all’estero della conoscenza e dell’interesse nei confronti della complessa vicenda del confine orientale italiano: l’inesorabile incedere del tempo riduce il numero dei testimoni delle tragedie, la diffusione delle notizie e delle ricerche deve compensare.
Lorenzo Salimbeni