Articolo pubblicato su Il Giornale d’Italia
La lettera pasquale della fondatrice del Comitato 10 Febbraio di Pomezia (Roma)
A scuola nessuno mi ha mai parlato di foibe ed esodo. Non ne sapevo nulla. Poi, per i miei interessi personali e il mio impegno, mi sono documentata e ho capito. All’inizio ho pensato: forse non se ne parla perché la storia la fanno i vincitori. Ma è semplicistico ridurre la questione a questo.
E’ inquietante pensare che uno Stato ometta il dramma di una componente sostanziale dello stesso. Fa venire i brividi solo immaginare quello che i nostri connazionali del Confine Orientale, scampati alle violenze del Maresciallo Tito, hanno dovuto patire, poi, a causa della viscida “damnatio memoriae” messa consapevolmente in atto dagli “architetti”, dai padri fondatori, della Repubblica.
Calcoli, interessi e vigliaccheria che hanno annullato l’esistenza stessa di una popolazione, quella giuliano-dalmata, colpevole solo di essere fedele alla Madrepatria. Alla Matrigna Patria, bisognerebbe dire.
Forse è proprio questo senso di ingiustizia che permea la storia degli esuli che mi spinge a voler contribuire a far conoscere e riempire questa pagina strappata della nostra storia. Un vuoto che avverto non come qualcosa di negato agli esuli, ma a tutti noi.
Quando le mie nipoti tornano a casa da scuola e chiedo loro, inutilmente, se le insegnanti hanno parlato di foibe ed esodo…Quando sento una bambina chiedere alla mamma “Cosa c’è scritto su quello striscione? Cosa sono le ‘froibe’?” e la madre, che avrà la mia età, non sa rispondere…Quando sento minimizzare o giustificare con un “Beh, erano fascisti, è stata la reazione al regime”… Ecco, penso che sia come se quelle persone fossero morte due volte. Credo che la storia del nostro Confine Orientale meriti di essere insegnata a scuola, esattamente con la stessa attenzione con cui sono divulgati altri tragici episodi del ‘900. Altrimenti non recupereremo la nostra – e non la loro – Dignità nazionale.
Tanto è stato fatto, ma tanto c’è ancora da fare e per questo ho deciso di aprire un Comitato 10 febbraio a Pomezia. Perché voglio essere parte attiva di questo processo di ricostruzione della verità. Sono felice che l’idea sia stata accolta con gioia dalla dottoressa Carla Cace, giornalista e scrittrice di inchieste che mi hanno aiutato a capire e, soprattutto, esule di terza generazione e dirigente nazionale del Comitato 10 Febbraio. Lei mi ha sostenuto da subito, lieta che il nuovo Comitato locale sia diretto da una giovane donna come lei.
Colgo l’occasione per fare gli auguri di Buona Pasqua a tutti i lettori del Giornale d’Italia, sperando che questa giornata di Resurrezione possa essere il simbolo della rinascita della coscienza storica nazionale. Me lo auguro come cittadina italiana e me lo auguro per tornare ad essere pienamente orgogliosa di esserlo.
Alessandra Duma