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Giorno del Ricordo: c’è chi lo celebra offendendo la memoria

  • Gennaio 24, 2018

Giorno del Ricordo: c’è chi lo celebra offendendo la memoria

Nell’imminenza del 10 Febbraio, continuano a farsi sentire i giustificazionisti

Pubblicato su Il Giornale d’Italia 

L’istituzione di una ricorrenza civile come quella del Giorno del Ricordo dovrebbe da un lato servire a ricordare una pagina di storia che dopo tanto oblio sta finalmente entrando a far parte del patrimonio condiviso della comunità nazionale, dall’altro dovrebbe rappresentare il momento in cui storici, ricercatori e divulgatori dell’argomento possano serenamente presentare le loro nuove opere ed illustrare la storiografia più recente al pubblico.

Capita invece che da parte di molte associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, patriottiche e di ricerca storica si debbano sprecare tempo, risorse ed occasioni per respingere le futili polemiche da parte di esponenti politici, giornalisti e sedicenti storici che sfruttano l’attenzione che la data del 10 Febbraio suscita per esporre le proprie convinzioni riduzioniste in merito al numero delle vittime delle stragi compiute dai partigiani nazionalcomunisti di Tito oppure giustificazioniste. In quest’ultima fattispecie rientra la consigliera comunale di L’Aquila, Carla Cimoroni, che nel dicembre scorso durante un convegno sull’antifascismo ha riproposto la trita e ritrita giustificazione, appunto, che «le foibe se le sono cercate i fascisti». Ancora una volta la storia comincia il 28 ottobre 1922, con la «calata degli Hyksos» fascisti anche nelle terre del confine orientale di recente annessione al Regno d’Italia: nessuno mette in dubbio che sia esistito un fascismo di confine fortemente slavofobo, ma è necessario osservare come dall’altra parte della barricata vi fosse una forte carica di anti-italianità retaggio della politica del divide et impera austro-ungarica che sfruttò i lealisti sloveni e croati contro gli irredentisti italiani. Non entrate a far parte del neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, le fazioni separatiste delle comunità slave della Venezia Giulia dettero vita ad organizzazioni di stampo terroristico decisamente contrarie alla presenza in queste terre dell’Italia (e degli italiani) in quanto tale, a prescindere dal regime fascista.

Succede poi che se un Consiglio municipale come quello di Ostia a dicembre inoltrato (e con le festività di mezzo) comincia già a pianificare le attività istituzionali in occasione del 10 Febbraio, come previsto dalla Legge 92 del 30 marzo 2004 istitutiva del Giorno del Ricordo ed approvata quasi all’unanimità dal Parlamento, viene tacciato dall’edizione romana di Repubblica di essere vittima dell’«effetto CasaPound». Purtroppo in certi ambiti dell’intellighenzia nostrana con venature radical-chic il Giorno del Ricordo rimane una celebrazione di parte, non si esce dal dogma “italiani fascisti cattivi / jugoslavi comunisti buoni”.

Proprio con riferimento al sondaggio diffuso dalla testata fondata da Eugenio Scalfari sulla paura del fascismo in Italia abbiamo riscontrato su Lettera43  un articolo che colloca l’istituzione del Giorno del Ricordo fra gli errori di una sinistra che avrebbe «passivamente accondisceso un revisionismo storico più o meno strisciante» promosso dal centrodestra ed inerente anche le valutazioni sull’obiettività dei libri di testo (in cui l’argomento foibe è a lungo stato tabù) nonché la «pacificazione nazionale» tra le fazioni della guerra civile 1943-’45. Il 10 Febbraio viene, infatti, tacciato di essere «mera e acritica celebrazione» invece di un momento di analisi sulle cifre e le modalità delle stragi: un siffatto approfondimento storiografico è sicuramente auspicabile, ma non si capisce come mai solo il Giorno del Ricordo debba sottoporsi a tali forche caudine, laddove ricorrenze come il 25 aprile (che proprio al confine orientale ebbe una valenza assolutamente diversa dal resto d’Italia) godano dell’intangibilità e debbano sottrarsi alla norma secondo cui la storia è per definizione revisionista.

Guardiamo con invidia la “perfida Albione”, capace di sfornare negli ultimi mesi film come «Dunkerque» e «L’ora più buia» in cui è presente una forte carica patriottica e diventa possibile presentare al pubblico in maniera avvincente pagine di storia nazionale.

Lorenzo Salimbeni