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La pittura vive nel teatro attraverso la storia di Giuseppe Lallich

  • Dicembre 19, 2016

La pittura vive nel teatro attraverso la storia di Giuseppe Lallich

Apprezzatissimo monologo teatrale di Emanuele Merlino con Mauro Serio nei panni del pittore dalmata

Teatro, pittura e patriottismo hanno caratterizzato il secondo Dessert delle Muse, appuntamento culturale mensile a cura del Comitato 10 Febbraio e della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice: presso la loro sede romana è, infatti, andato in scena martedì 13 dicembre lo spettacolo “La pittura. Il sangue. Il leone. Giuseppe Lallich, dalmata dimenticato”, elaborato da Emanuele Merlino a partire dalle suggestioni del volume “Giuseppe Lallich, dalla Dalmazia alla Roma di Villa Strohl-Fern” (Palladino, Campobasso 2007) di Carla Isabella Elena Cace, principale biografa e conoscitrice del pittore nato a Opeine presso Spalato nel 1867 e deceduto a Roma nel 1953.

Mauro Serio, noto per i trascorsi televisivi degli anni Novanta e attualmente attore teatrale, ha portato in scena un Lallich profondo nei suoi sentimenti patriottici di dalmata irredento, sincero nel ripercorrere le tappe di una maturazione artistica tendente all’eccellenza e disincantato nel tracciare un bilancio esistenziale durante il soggiorno finale della sua vita a Roma nell’ambito della residenza dell’artista e mecenate esule alsaziano Strohl-Fern.

In questa maniera è stato portato sulla scena anche il cosiddetto “Esodo dimenticato”, vale a dire l’abbandono della Dalmazia, annessa al neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni nel 1920, da parte di almeno 2.000 italofoni che avevano visto sfumare le promesse fatte all’Italia dall’Intesa al momento della stipula del Patto di Londra (1915) e si trovavano invece in balia delle vessazioni dei nazionalisti croati. Ma prima di abbandonare la sua Dalmazia, Lallich ebbe modo di accreditarsi come valente realizzatore di opere di pittura “etnografica”, dedicandosi alle figure popolari dalmate ed ai Morlacchi in particolare.

Formatosi all’Accademia di Venezia, la quale manteneva un legame profondo con le terre dell’Adriatico orientale su cui aveva esteso i propri domini la Serenissima, il nostro fu poi partecipe del fervore culturale della città di Spalato, in cui il Caffè Troccoli era il punto di ritrovo di intellettuali, artisti e patrioti. Da questa commistione di stimoli si forgia l’artista che ritrarrà Francesco Rismondo, il dannunziano “assunto di Dalmazia”, caduto in circostanze misteriose durante la Prima Guerra Mondiale; si afferma il disegnatore pubblicitario che elabora uno strepitoso manifesto per il maraschino dei Luxardo; Ragusa rivive nelle sue tele in tutto il suo splendore, ma il capolavoro più celebre e celebrato risulta “Il bacio della bandiera”. Qui si condensa l’amore che Lallich e gli italiani di Dalmazia conservavano per la memoria della Repubblica marciana, punto di riferimento dell’italianità adriatica. Non sono solamente gli abitanti di Perasto quelli raffigurati nel commosso gesto di baciare il gonfalone della Serenissima che in un giorno d’estate del 1797 sta per essere sepolto sotto l’altare della chiesa di Perasto dopo che il Conte Viscovich ha commemorato Venezia, da poco annessa all’Austria. In quelle figure semplici, dimesse e genuine vi sono tutti i dalmati che nel periodo irredentista hanno lottato per l’Italia, sono ritratti gli esuli che debbono abbandonare quanto hanno di più caro ed echeggia il celebre discorso del “Ti con nu, nu con ti”, la cui lettura rappresenta uno dei momenti maggiormente significativi di questo monologo teatrale che dopo questo brillante esordio prevede prossimamente nuove date a Roma e a Trieste.

È, infine, possibile vedere integralmente lo spettacolo sul canale YouTube del Comitato 10 Febbraio: https://youtu.be/MVX2HtHSM8w

Lorenzo Salimbeni

"PANCHINA TRICOLORE"


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