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Lettera aperta al Consolato Generale d’Italia in Slovenia

  • Febbraio 4, 2015

Lettera aperta al Consolato Generale d’Italia in Slovenia

Destinatari:
CONSOLATO GENERALE D’ITALIA A CAPO D’ISTRIA
Alla c.a. dott.ssa Antonella Cesaretti
Console Generale

CONSOLATO GENERALE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA IN ITALIA
Alla c.a. dott. Salvatore Paratore
Honorary Consul General
Firenze

COMITATO 10 FEBBRAIO
Alla c.a. del Presidente
Roma

ASSOCIAZIONE NAZIONALE VENEZIA GIULIA DALMAZIA
Alla c.a. del Presidente
Roma

Oggetto: “GIORNO DEL RICORDO”, ANPI ALL’ISTITUTO “LORENZO
ALLIEVI-ANTONIO DA SANGALLO” DI TERNI

Con la presente a illustrare alle SSVV l’iniziativa dell’ Istituto Tecnico Tecnologico “Lorenzo Allievi-Antonio da Sangallo” di Terni in merito alle ricorrenze in ricordo rispettivamente della Shoà e delle vittime delle persecuzioni titine in Istria, Dalmazia e Friuli Venezia Giulia.
Premurandosi di assicurare con il corpo studentesco la condivisione della memoria, la Direzione dell’Istituo ha promosso l’evento in collaborazione con l’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) e l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia).
Domando se, nel contattare tali sigle, ne sia stata considerata l’opportunità.
Ente morale della Repubblica Italiana l’ANPI, negli ultimi anni, è stato
sovente protagonista di accesi dibattiti sulla legittimità dello studio e
dell’approfondimento del periodo della Guerra civile 1943-1945, definendo “revisionistiche” opere non in linea con l’immagine della Resistenza conservata dalla stessa Associazione. Una posizione sicuramente coerente con l’art. 2 comma d dello statuto associativo:
“tutelare l’onore e il nome partigiano contro ogni forma di vilipendio o di speculazione”; ma probabilmente lontana da quei criteri di rigore scientifico che la ricerca storica imporrebbe.
Il nostro passato non è un’ icona inviolabile e per questo si dovrebbe poter proseguire in una attenta, seria, accurata analisi dei fatti.
Nel territorio ternano, l’ANPI non ha mostrato grande attenzione alle
argomentazioni di ricercatori, che in loro pubblicazioni hanno documentato aspetti della Resistenza diversi da quelli tramandati dalla storiografia ufficiale.
Da parte dell’Associazione c’è stato anche scarso interesse a chiarire alcuni dubbi sollevati da studiosi e da giornalisti, come nel caso dei tre fascisti repubblicani i cui nomi sono ancora incisi tra i caduti della Brigata partigiana “Gramsci” a Palazzo Farini.
Si tratta del maggiore della Guardia Nazionale Repubblicana (RSI) e
commissario prefettizio di Leonessa (RI) Ugo Tavani e di altri due aderenti al Partito fascista repubblicano (PFR), identificabili in Ivano Palla e Silvestro Crescenzi.
Fucilati il 7 aprile 1944 dai tedeschi dietro delazione, sulla loro sorte si era già espresso il Ministero dell’Interno nella circolare n. 60/2253 RR del 27 aprile ’44.
Il documento denuncia l’errore commesso dalle truppe germaniche, indicando anche il nome della delatrice: i tre, infatti, non erano in forza alla Resistenza, ma membri effettivi del PFR.
Non risultano, al momento, repliche dell’ANPI sulle ricerche che hanno condotto ad individuare quei caduti quali non partigiani.
Come mai, finora, la medesima Associazione si è espressa su altri casi di processi sommari e fucilazioni di spie (o presunte tali) eseguite nel primo semestre del 1944 dalla “Gramsci”.
Esempio significativo è la vicenda della sedicenne di Capo d’Istria Iolanda Dobrilla, interprete del comando germanico di Rieti, giustiziata nell’aprile del ’44 in località Cottanello (RI) e il cui corpo fu ritrovato, tutt’altro che integro, in una carbonaia. Alla sua tragica fine vanno aggiunte le sentenze sommarie emesse a Morro Reatino (RI) e quelle a carico di Augusto Centofanti e Maceo Carloni. Quest’ultimo, sindacalista dell’Acciaieria di Terni, non iscritto al PFR,
membro delle Commissioni di fabbrica e molto attivo nell’evitare l’esproprio di materiale industriale da parte dei tedeschi, fu prelevato, seviziato e ucciso il 4 maggio ’44 da elementi della Brigata “Gramsci” con l’accusa di essere uno sfruttatore dei lavoratori.
I processi del dopoguerra non resero giustizia alle vittime e ai loro congiunti, causa il sopraggiungere dell’Amnistia. E dopo di essa nessuna riabilitazione, solo l’oblio.
E’ singolare, poi, che ad un convegno sul Giorno del Ricordo sia stato chiamato a partecipare chi conserva e promuove l’attività di una Brigata, nella quale operavano due battaglioni “Tito”, con organico montenegrino e sloveno: sarebbe curioso sapere in che modo l’ANPI possa giustificare l’operato di elementi fedeli al Maresciallo Tito nella resistenza nel ternano e nell’alto reatino, con le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che
nel 2007 così definì le persecuzioni sul Confine orientale: <<(…)un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico
slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una ‘pulizia etnica’>>.
Le solennità del 27 gennaio e del 10 febbraio appartengono all’Umanità, al suo passato e al suo presente. Ricordarle una volta l’anno non è sufficiente, poiché il rischio è che da patrimonio comune possano ridursi a date sul calendario, strumentali al mero scontro ideologico. Perché questo non accada, è necessario concentrarsi su un’analisi quanto più possibile obiettiva degli eventi, proprio a partire da una selezione accurata di coloro che avranno
l’onere di trasmetterne e condividerne la conoscenza con la Società civile. In particolare, quando quella Società civile è fatta di ragazzi in età scolare.
La domanda è: l’ANPI sarà in grado di rispettare quanto l’obiettività storica richiede?
Ringraziando per l’attenzione, porgo i miei più cordiali saluti.
dr. Marco Petrelli
giornalista
Terni, 02 febbraio 2015

"PANCHINA TRICOLORE"


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