Pure quest’anno autorità civili e militari di Trieste hanno presenziato alla succinta commemorazione di Guglielmo Oberdan, impiccato nel capoluogo giuliano il 20 dicembre 1882 dalle autorità austro-ungariche.
Quell’anno fu estremamente amaro per i patrioti italiani: la morte di Giuseppe Garibaldi, le grandi celebrazioni per il cinquecentenario della dedizione di Trieste al Duca d’Austria, l’adesione del Regno d’Italia alla Triplice Alleanza congiuntamente ad Austria-Ungheria e Germania, sino a concludersi con la morte del giovane irredentista.
Nato Wilhelm Oberdank, da madre slovena e padre italiano che non lo riconobbe, il giovane triestino fu un esempio del patriottismo che si diffuse nelle province asburgiche dopo la Terza Guerra d’Indipendenza. Nel 1866, infatti, Trentino, Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia, pur presentando significative comunità italiane al loro interno, con particolare riferimento alle aree urbane, erano rimaste sotto il dominio di Vienna. Se nel 1848 i cosiddetti “fedeloni” avevano mantenuto la loro fedeltà appunto nei confronti del governo viennese durante il periodo delle rivolte borghesi della Primavera dei popoli, negli anni seguenti Trieste sarebbe diventata una “fucina di italiani”. Nel più importante porto dell’Impero erano giunti nelle varie decadi serbi, greci, ebrei, armeni ed albanesi che avrebbero poi contribuito alle fortune emporiali triestine. Molti di loro e dei loro discendenti parteciparono ai moti ottocenteschi che miravano all’indipendenza delle proprie terre d’origine dal “giogo ottomano”, ma altrettanti sposarono la causa dell’italianità e dell’idealismo che era alla base del movimento risorgimentale. Costoro non guardavano alla monarchia militare dei Savoia o alle abilità diplomatiche di Camillo Benso Conte di Cavour, bensì all’idealismo di Giuseppe Mazzini ed al volontarismo di Giuseppe Garibaldi. Per molti giovani triestini dalle più disparate ascendenze non bastava lottare per l’indipendenza italiana o della terra d’origine dei propri avi, poiché l’ideale mazziniano parlava di una Giovane Europa e si sognava che le armi delle camicie rosse replicassero altrove i clamorosi successi della spedizione dei Mille. Battersi per l’italianità delle terre “irredente” (non ancora redente, liberate dalla dominazione straniera) costituiva per molti giovani della provincia del Litorale Austriaco non solo una rivendicazione identitaria, ma anche una lotta contro l’assolutismo dell’Imperatore Francesco Giuseppe e la partecipazione ad un più ampio movimento di liberazione nazionale dei popoli europei. Coerentemente con gli ideali risorgimentali, l’irredentismo non proponeva un’adesione nazionale “Blut und Boden” alla tedesca, bensì la partecipazione ideale ad una lotta nella quale ci si identificava ed il riconoscimento in una cultura ed in una Patria al di fuori di qualsiasi schema razzista o eugenetico.